Mille volte meglio girare
in giostra al campo tre
che metterci un cuore
a girare il soffitto
con lo sguardo fisso
a trovar le mosche bianche
pensando che la vita
è avorio d'amante
in corpetto di raso
con un bimbo al grembo:
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Mille volte meglio girare
in giostra al campo tre
che metterci un cuore
a girare il soffitto
con lo sguardo fisso
a trovar le mosche bianche
pensando che la vita
è avorio d'amante
in corpetto di raso
con un bimbo al grembo:
Or che la triste tua silente imago
a me ritorna dai lontani colli
ove alla giovinezza eran disvago
l’ore trascorse in irrequieti e folli
giochi di bimbi, te, cui già il sorriso
dolce mancò della creatura prima
che ansiosa fisse in noi pallido il viso
mutilo e solo e senza alcuna stima
La mia casa
è una piccola tana
sospesa tra alberi altissimi
e un sentiero d’argilla.
Ignora la luce del sole
la luce del giorno;
vi splende soltanto
lo sguardo d’un piccolo bimbo.
Lo sguardo del nonno
s’è spento nel buio, per sempre.
Batte la pioggia, rovina
sul muro percosso
nella propria parte
di mammella sgonfia
allo sfinimento
di tanta pelle sulle costole.
Mi volano sassi negli occhi,
il cielo sbianca fagotti di cuore
a colpi d'inverno:
il tuo nome cresce
nella crepa del sepolcro,
Riso doloroso di Gwynplaine
sulla faccia stanca
e l’anima immersa nell’abisso
del pensiero, senza sosta.
Vi è nell’ansia di uscire alla luce
il prodigio del vero
ma tenuto in un intrico di fili
senza bandolo, anellidi vacui
che con oscena bocca
Sei di vanadio e d’argento
nell’accecante
luce del sole
e le vele non hanno colore.
Ora tramutano
come ala di gabbiano
infido
rasente l’acqua,
ora si disperdono
Pizzo, sorella di Venere,
nata dal mare,
la cenere dello Stromboli
non sporca le tue acque
chiare come acqua di fonte
non brucia i fiori dei tuoi mandorli amari
i filari delle viti.
Un profumo tepido di zagare e tigli
t’invade e t’invade il carrubo
Siete tornate: nella notte fonda
tenendoVi per mano
siete tornate per un’ora sola
ad abbracciar la Mamma
e a chiederLe perdono...
siete tornate nella veste bianca
siete tornate nella veste bruna.
Quando, compagna mia, sull’erma afflitta
tomba porrai di fiori un gentil dono
sosta daccanto all’urna, derelitta,
obliando il mondo ed ogni umano suono.
Come tocca dal sol fremente allora
la zolla parlerà le sue divine
note armoniose cui porgevi ognora
l’intento orecchio ed il fluente crine.
Ma sussurrar udrai tanto più cara
la voce nota a te nell’aspra via
Dal riascoltato accento
quell'azzurro bacio
a tergermi le labbra
il pane secco nel cartoccio:
- è un nome, solo un nome,
farfalla sul petto
e sulle membra smagrite. -
Lampade di sepolcro
gli occhi infossati a fior d'acqua
globi di vetro che riflettono
l'argentea fronda dei capelli
che acquieta il volgere del giorno:
Ester ovvero (dal bulgaro) "Destino della Negazione"
*Men fredda e impassibile assiste Antiope alla punizione di *Circe.“
… e tu mi hai gettato nel profondo, nell’abisso del mare e le acque mi circondarono; tutti i tuoi gorghi e tutti i tuoi flutti si sono chiusi sul mio capo.”
Profezia di Giona. Cap. 2 parag. 4
Ora voglio scendere un po’ tra gli uomini. Non perché nutra verso di essi alcuna simpatia o mi sia venuta a noia la mia baita qui tra i monti; gli uomini nulla fecero per rendersi da me amati o benvisti e la mia baita l’ho messa su io, un po’ con le mie mani, un po’ con l’aiuto di Paolo Charbormier, che è il mio migliore amico dopo Ciro.
Primavera
Fremiti d’ali; aeree, guizzanti
tornano. Han le convalli una canzone
nuova, melodia divina con l’acque
fluenti ai piani; creature leggere
evanescenti, cui l’ombra d’un sogno
si rassomiglia, e dall’istesso incanto
ebbero l’ali per volar ne’ cieli.
La fune tra i pioppi
alta trascorre
Ali di falena, cadono
le scosse foglie
senza fruscio, nella quieta sera.
Dondola il bimbo
e danzano nel ciel le prime stelle
muto contempla
immagini a corteo
Io t’ho chiamato, mamma, cento volte
e cento il mio nel guardo tuo fissai
tu sei lontana, mamma, e non mi ascolte
le angosce del mio cuor non le saprai.
Fosti la sola che a le notti insonni
i singhiozzi affidavi e il pianto amaro
mentre lungi dal tetto a tristi donni
senza difesa esposto era il tuo caro.
Dell’aspro pensiero
che mena alla vita
perdesti le tracce
mia Patria smarrita.
Gettata nel fango
dai figli tuoi stessi
dal cenere sparso
risorgi per essi.
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