La fune tra i pioppi
alta trascorre
Ali di falena, cadono
le scosse foglie
senza fruscio, nella quieta sera.
Dondola il bimbo
e danzano nel ciel le prime stelle
muto contempla
immagini a corteo
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La fune tra i pioppi
alta trascorre
Ali di falena, cadono
le scosse foglie
senza fruscio, nella quieta sera.
Dondola il bimbo
e danzano nel ciel le prime stelle
muto contempla
immagini a corteo
Dell’aspro pensiero
che mena alla vita
perdesti le tracce
mia Patria smarrita.
Gettata nel fango
dai figli tuoi stessi
dal cenere sparso
risorgi per essi.
… ed ogni essere volle il suo dio.
L’uomo lo creò a propria immagine e somiglianza;
il più perfetto possibile.
In tal modo lo raffigurò e lo venerò.
Vide però tanta cattiveria e malvagità
tra i suoi simili; allora, ne creò un altro,
a loro immagine e somiglianza; mostruoso.
E lo sprofondò negli abissi infernali.
nonsologrigio
Ora sui campi rugiadosi e neri
luce del ciel diffondesi lontana
come da fonti scaturita in veri
rivoli immensi di bellezza arcana.
Quieta è la terra; ma l’inquieto seme
già fecondato nel suo seno, il primo
sole anela; alimenta in cuor la speme
l’agricoltore d’un raccolto opimo.
Dialogo tra un cameriere di (uno dei primi) vagone ristorante e un viaggiatore.
- Prima colazione, signori, prima colazione!
Vettura ristorante
- Buon giorno signore, desidera? Esprima ogni suo desiderio e noi saremo lieti di accontentarla!
- Capito poco ... io volere manciare!
- Oh! Il signore è straniero! Bene, bene! Cucina italiana offrire vasto assortimento specialità, cibi ottimi, vini insuperabili ...
Un tronco di palma
ieri alla battigia, oggi all’asciutto
Ha perduto
il colore della carne
il profumo delle alghe.
Non mi siedo:
turba starsene su un cadavere
rinsecchito.
Dentro è molle
il dito quasi vi affonda:
Hanno issati i vincastri
e tutto di pioggia scintilla
i volti scarni sull’ispido pelo
rugiada, negli occhi un fuoco
profondo. Tremiti di febbre
come aura marina sul dorso
nudo e tremiti di morte
iridescenti senza una voce.
Han teso le fragili trappole,
nel tramonto era il presagio
dell’alba, l’attesa senza sonno
Da dove vengano
non so;
ma son tante, tante,
come ne partorisce la terra
vermi.
Hanno indossato una camicia
bianca
e l’abito nero, di festa.
Per salutare
Il grande segreto, taciuto occultato,
quello che al mondo non venne svelato.
Al sommo, l’eletta confidarsi aspirava,
ma ogni gradino affrontar le toccava.
Ferma, tenace, caparbia e ostinata,
anche dal papa, fu infine sdegnata.
Il mistero divino, riportato e fedele,
colpiva funesto: per il clero fu fiele!
La Chiesa, la trama volle cambiare,
e a loro piacere il mondo stuprare:
Un gregge, senza meta,
tra l’arenile e la sterpaglia,
a testa bassa.
E’ mostruoso questo tacito
andare.
Una nube nel cielo
bianca, vaga.
Si specchia nelle tue acque,
informe.
Ecco, Signore, se dell’universo
tu sei il fondatore,
se hai creato la terra
ed il mare e le stelle,
se ai liberi uccelli hai dato le ali
se hai fatto i pesci nelle acque guizzare
se a tutte le belve hai dato gli artigli
e un misero cuore hai dato ai conigli,
se ad ogni cosa un nome
Più parole non ebbi e l’ombra cupa
scese su tutto. Come dall’alto
sulle distese del suo mare azzurre
precipite vedea la sua ruina
e di già nei ciechi occhi il sol distesa
avea l’imagine di morte
a la dedalea prole,
tal piombava l’anima mia
disgiunta dalla frale dimora
nell’abisso. E non v’era fondo
e non luce e non speranza.
Io la morte l’ho vista
serena sul volto del padre,
come sonno ristoratore.
Cinquant’anni fra i bimbi
nell’umile scuola
ove fiorian le speranze,
dove egli solo sapeva
i sogni di giovini cuori.
Li ritrovò per le vie
con i volti emaciati
La strada era polverosa, cosparsa di ciottoli; e le rughe profonde, che Diego seguiva con gli occhi stanchi arrossati, gli dicevano della sua vecchiezza e gli pareva di trascinare i piedi sopra una pelle vizza, cosparsa di macchie scure, come di sangue aggrumato dal passare del tempo.
Dalle rade querce abbruciate dal sole di una estate calda e secca svolazzava qua e là qualche merlo, colto di sorpresa al riparo dal sole sui rami bassi o sulle foglie sparse per terra, dove l’ombra dà un po’ di ristoro, e si allontanava di poco fischiettando, quasi rivolgesse un rimprovero all’importuno che veniva ad infastidirlo.
A Turi avevano detto che quella sarebbe stata una vita da cani, esposto sempre al freddo e alle intemperie e, quando il sole scotta, al riverbero del pietrisco infocato che brucia gli occhi e incolla la lingua al palato; avevano insistito ché rimanesse tra loro, perché il pane sul mare lo si guadagna comunque e che infine un aiuto, un consiglio, un conforto se lo potevano dar l’un l’altro, venuti insieme su dall’infanzia, con negli occhi stemperato il ceruleo di quel mare limpido e immenso,
dal quale non potevano staccarsi senza un rimpianto nel cuore e un senso di smarrimento nell’animo.
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