Qual tristezza m’assale
lungi da questa sconfinata terra
dove le mie radici
un giorno ho poste per gioco e profonde
ove ho sognato le alterne stagioni
e i bagliori del cielo
nella notte profonda
dove l’anima incontra
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Qual tristezza m’assale
lungi da questa sconfinata terra
dove le mie radici
un giorno ho poste per gioco e profonde
ove ho sognato le alterne stagioni
e i bagliori del cielo
nella notte profonda
dove l’anima incontra
Sogno dei verdi anni antichi
la bellezza, e l’amor primo
e il melograno in fiore.
di Fedor Nicolay Smejerlink
Mille volte meglio girare
in giostra al campo tre
che metterci un cuore
a girare il soffitto
con lo sguardo fisso
a trovar le mosche bianche
pensando che la vita
è avorio d'amante
in corpetto di raso
con un bimbo al grembo:
Perché di repente trascoloraro gli occhi
tuoi vivi come luce del giorno
e le manine vagarono un attimo incerte
nel vuoto, quasi a cercare la mamma
che ancora tu non sapevi chiamare?
Sul muto lettuccio, ravvolta nel lino,
era un’imagine di rosea cera il tuo volto
e lo sguardo fisso ed attonito
cercava l’infinito oltre l’angusto orizzonte.
Or che la triste tua silente imago
a me ritorna dai lontani colli
ove alla giovinezza eran disvago
l’ore trascorse in irrequieti e folli
giochi di bimbi, te, cui già il sorriso
dolce mancò della creatura prima
che ansiosa fisse in noi pallido il viso
mutilo e solo e senza alcuna stima
Una baita, guarda nel vuoto.
Si aggrappa al fianco del monte
presa dal terrore di precipitare
spalanca due neri occhi al cielo.
Pietoso la avvolge un ciuffo
di nebbia che la marcita del pascolo
esala. L’erba è verde di smeraldo
cresce sotto la falciata dei bovi
più tenera. Assale la baita
da ogni lato, su fino al tetto
di lastre ferrigne. Con le lingue
Batte la pioggia, rovina
sul muro percosso
nella propria parte
di mammella sgonfia
allo sfinimento
di tanta pelle sulle costole.
Mi volano sassi negli occhi,
il cielo sbianca fagotti di cuore
a colpi d'inverno:
il tuo nome cresce
nella crepa del sepolcro,
Sei di vanadio e d’argento
nell’accecante
luce del sole
e le vele non hanno colore.
Ora tramutano
come ala di gabbiano
infido
rasente l’acqua,
ora si disperdono
Dunque, sei qui!
Io arrivo a casa, e tu, ovviamente sei QUI.
Non ti è bastato essere qui ieri sera, o oggi a pranzo. Sei qui anche ora!!
Sai dove sono stata io tutto il giorno? Sono stata seduta come te ma in un stupido ufficio. A sgobbare, oltretutto affianco a Giorgio, che puzza!
E tu? Sorridi? Mi prendi in giro?
Sei sempre con quel telecomando in mano e non fai altro che fare zapping e guardare il palinsesto televisivo immediatamente successivo.
Siete tornate: nella notte fonda
tenendoVi per mano
siete tornate per un’ora sola
ad abbracciar la Mamma
e a chiederLe perdono...
siete tornate nella veste bianca
siete tornate nella veste bruna.
di Fedor Nicolay Smejerlink
Dal riascoltato accento
quell'azzurro bacio
a tergermi le labbra
il pane secco nel cartoccio:
- è un nome, solo un nome,
farfalla sul petto
e sulle membra smagrite. -
Lampade di sepolcro
gli occhi infossati a fior d'acqua
globi di vetro che riflettono
l'argentea fronda dei capelli
che acquieta il volgere del giorno:
Perchè mi assale un’ansia febbrile
che sa di antiche memorie
sepolte nelle recondite sfere
dell’animo e me ne sto in vaga
incertezza tra queste galoppanti
nuvole e questo mare di pensieri
che hanno sommerso la mia volontà
e mi chiamano all’insensata
fuga dal tempo che ora vivo
perchè è mio, di mia scelta?
Primavera
Fremiti d’ali; aeree, guizzanti
tornano. Han le convalli una canzone
nuova, melodia divina con l’acque
fluenti ai piani; creature leggere
evanescenti, cui l’ombra d’un sogno
si rassomiglia, e dall’istesso incanto
ebbero l’ali per volar ne’ cieli.
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